L’Abbazia di San Galgano nelle verdi colline della Val di Merse è un luogo dove il tempo si è fermato al 1200 tra le imponenti mura gotiche di un’Abbazia senza tetto.
E’ un posto in cui potrai sentirti come il famoso cavaliere divenuto santo o come un monaco peregrino cistercense del XII secolo.
Potrai ancora vedere con i tuoi occhi la spada nella roccia e non mi riferisco certo a Re Artù ed alla sua fantomatica Excalibur, qui c’è per davvero!
Siamo in provincia di Siena, a soli 35 km dalla città del Palio, tra le colline più amate dai turisti di tutto il mondo e soprattutto da noi italiani.
Si giunge da Siena percorrendo la strada provinciale 73 bis, che attraversa piccoli borghi fioriti e colline con i campi coltivati.
Si lascia la macchina ad un parcheggio un po’ distante dall’Abbazia e si percorrono a piedi gli iconici viali alberati delle valli senesi, spennellati in primavera e d’estate dal colore azzurro cielo dei fiori di lino, coltivati nei campi circostanti l’Abbazia e che rendono ancora più surreale il paesaggio in cui si staglia lo splendido edificio dedicato a San Galgano.
Allora facciamo insieme il gioco del tempo e proviamo ad immaginare un gruppo di monaci cistercensi del 1200, che, a piedi tra preghiere e brevi soste per rifocillarsi e riposare, lasciano l’abbazia di Casamati nel Frosinate per giungere in questa valle bagnata dal fiume Merse, con pianure coltivabili e circondate da boschi.
Ne intravedono subito l’importanza del luogo e ne fanno la loro dimora, stabilendosi qui tra il 1218 e il 1288.
I lavori dell’Abbazia di San Galgano cominciano proprio nel 1218, vicino alla Rotonda o Eremo di Montesiepi, nello stile che era in voga all’epoca, quello gotico cistercense.
Sarà la magia dello stile gotico o la misticità della figura di San Galgano, ma non si può rimanere impassibili di fronte alla grandiosità dell’Abbazia, che divenne già dalla metà del 1200 la più importante Abbazia cistercense della Toscana, così potente da non pagare le decime al Papa e da ricevere donazioni da Imperatori.
La Repubblica di Siena comprese subito la potenza dell’Abbazia, tanto da allacciare rapporti stretti con i monaci, uno di essi è ricordato per aver stipulato il contratto con Nicola Pisano per il pulpito del Duomo di Siena.
La sua fama subisce una battuta d’arresto nel 1348 con la peste nera, una sciagura che decima i monaci.
Come se la pestilenza non fosse già abbastanza, l’Abbazia viene depredata più volte da compagnie di ventura.
Comincia la sua inesorabile decadenza e nel 1474 i monaci si stabiliscono nel Palazzo di San Galgano, fatto costruire a Siena.
Alla fine del 1531 cominciarono a farvi delle ristrutturazioni, ma da una relazione del 1600 si evince che pioveva da tutte le parti.
All’incuria umana ed all’implacabilità del tempo si unisce una sventura funesta: un fulmine si abbatte sull’Abbazia nel 1786, colpendo il campanile, che a sua volta si riversa sul tetto, provocandone il crollo completo.
Nel 1789 la Chiesa venne sconsacrata, ma ancora oggi è uno dei luoghi più ricercati per le celebrazioni di matrimoni civili.
Nell’Ottocento era divenuta una fattoria e solo nel 1926 iniziano i lavori di consolidamento della struttura originaria.
Entrando nell’Abbazia, dopo aver pagato l’ingresso, ci si ritrova nella Sala Capitolare.
Era la Sala dove ogni giorno si leggeva un Capitolo della Regola dei monaci.
La Sala Capitolare era anche la sala comune dove i monaci si riunivano in assemblea per eleggere il nuovo Abate, per discutere le questioni impreviste o anche per le celebrazioni della sera.
L’Abbazia era retta dai Cistercensi, l’ordine monastico che si rifaceva ai precetti originali di San Benedetto, seguiti ed applicati con un certo rigorismo.
I Cistercensi si diffusero ampliamente nel Medioevo ed in architettura diedero un contributo importante, diffondendo tramite la costruzione delle loro Abbazie lo stile francese del XII secolo.
Possiamo vedere ciò che resta del Chiostro, riscostruito in minima parte negli anni ’30 del secolo scorso.
Entriamo in quella che era la Chiesa vera e propria con una pianta a croce latina di 69 metri di lunghezza e 21 di larghezza.
L’abside orientato ad Est, come volevano i canoni delle Abbazie cistercensi. L’abside è spettacolare e doveva sicuramente incutere stupore ai viandanti della Via Maremmana, che passavano per l’Abbazia. E’ costituito in alto da un grande oculo centrale, sovrastato da uno più piccolo.
Sotto il grande oculo vi sono due ordini di monofore, ovvero finestre uniche sormontate da archi a sesto acuto.
L’Abbazia aveva un campanile ed una volta a crociera prime che il fulmine distruggesse inesorabilmente la struttura.
A soli 500 metri a piedi dall’Abbazia, si erge l’EREMO DI MONTESIEPI.
EREMO DI MONTESIEPI